Villa romana di Patti Marina
Ingresso: n.d.
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Centro costiero dotato delle infrastrutture e dei servizi di una città di provincia (scuole, ospedale, tribunale, vescovado) e di un rilevante patrimonio storico e archeologico, che ne testimonia il ruolo di primo piano da sempre svolto nelle vicende di questo territorio.
L’abitato si è sempre mantenuto all’interno dell’attuale centro storico fino alla seconda metà dell’800, allorché, lambito dal tracciato della Statale 113, si è esteso lungo il nuovo asse viario, sul quale sono state aperte le piazze Marconi e Sciacca, che oggi costituiscono il centro della città moderna. La caotica urbanizzazione del dopoguerra ha saldato la città vecchia al borgo di Patti Marina e alla Stazione Ferroviaria, lungo il corso Matteotti, favorendo al contempo il progressivo abbandono del centro storico, che oggi vive quasi esclusivamente della presenza del vescovado.
Il centro storico. Di aspetto ottocentesco, merita una visita, oltre che per la Cattedrale, per l’atmosfera d’altri tempi che ancora conserva.
Il centro moderno. Il cuore della Patti moderna è piazza Marconi. Situata ai piedi del centro storico e lambita dalla Statale 113, ospita la locale Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo e si affaccia sul lato nord su un parco comunale, che consente allo sguardo di spingersi fino all’orizzonte marino. Quasi altrettanto importante è l’adiacente piazza Sciacca.
La Frazione di Sorrentini è un piccolo abitato collinare situato sul versante orientale del monte di Gioiosa Guardia, in amena posizione sulla città e il golfo di Patti. Si tratta probabilmente di uno dei due “prosperosi casali” che, secondo la descrizione di Edrisi, in epoca normanna sorgevano nella terra di Patti.
Un indizio delle origini altomedioevali di Sorrentini potrebbe essere il culto, di origine bizantina, di San Teodoro. E’ verosimile che il nome derivi dalla presenza di un gruppo di Sorrentini, qui arrivati insieme ai coloni latine lingue che alla fine dell’XI secolo si insediarono nella terra di Patti, attirati dalla politica di latinizzazione attuata dall’abate Ambrogio in conformità alle direttive dei sovrani normanni.
Le spiagge. Per gli amanti del mare, Patti riserva spiagge belle e accoglienti. Sebbene l’urbanizzazione recente l’abbia in parte privata della sua naturalità, notevole è la spiaggia di Mongiove, appoggiata al colle omonimo, che si spinge in mare immediatamente a ovest di Punta Tindari.
Una menzione particolare merita la spiaggia di Marinello*, vasto arenile che si estende per circa due chilometri verso levante, ai piedi della imponente rocca che ospitava l’antica Tindari, formando una serie di laghetti marini di sempre mutevole forma, in un contesto di spiccata singolarità naturalistica. Per il loro pregio ambientale, la spiaggia e i laghetti di Marinello sono Riserva Naturale Orientata.
Deliziosa e incontaminata la breve spiaggia di Valle Tindari*, tesa tra i promontori di Mongiove e Tindari.
Patti (Epi Akte, sulla costa) fu in origine uno dei casali che si formarono nella chora di Tindari in epoca tardo-antica, in concomitanza col decadimento delle funzioni urbane di quella città. Verso la fine dell’XI sec. fu scelta dai normanni come centro direzionale di cultura latina, in contrapposizione alla bizantina S. Marco. In questa scelta si inquadra la fondazione nel 1094 dell’abbazia benedettina del SS. Salvatore, che il Gran Conte Ruggero affidò ad Ambrogio, dotandola riccamente fino a farne una signoria ecclesiastica tra le più cospicue dell’isola. Successivamente, nel 1131, per volontà di Ruggero II l’abbazia fu elevata a vescovado. Interessata da una consistente immigrazione di coloni latine lingue, nei primi decenni del XII secolo evolve da casale in castrum, diventando un borgo murato di discrete dimensioni. Edrisi così la descrive: “Bel paese che sovrasta il mare alla distanza di un miglio, (...) è una fortezza difendevole con un vasto territorio, che racchiude feraci campi da seminare, casali prosperosi, acque correnti, numerosi giardini”.
Nel 1312 Federico III d’Aragona riconosceva Patti città demaniale, minando alla radice il potere dei vescovi. Nel 1361 Vinciguerra Aragona, cugino del re Federico IV, otteneva la capitania a vita della città e usurpava al vescovo le rendite della tonnara di Oliveri e i casali di Librizzi, Zappardino e Fitalia, che tutti e tre rifondava, ripopolando Librizzi e facendo costruire ex novo Gioiosa Guardia al posto di Zappardino e S. Salvatore al posto di Fitalia. I figli di Vinciguerra, Bartolomeo e Federico, riuscirono, con il favore di Martino I, a consolidare una potente signoria, che inglobava gran parte dei Nebrodi centro-orientali. Ma essendosi nel 1393 Bartolomeo ribellato a Martino, fu da questi spogliato dei suoi possedimenti e nel 1398 costretto a lasciare la Sicilia. Solo nel 1414, a conclusione di decenni di anarchia feudale, i vescovi furono restaurati nei loro possedimenti.
Nel 1537, dietro pagamento di un tributo di mille scudi alla corona di Spagna, Patti ottenne da Carlo V il titolo di “magnanima”. Pochi anni dopo, nel 1544, fu assalita e saccheggiata dai corsari barbareschi di Ariadeno (Kair ed-Din) Barbarossa. Da questo incidente comunque si riprese ben presto, conoscendo nella seconda metà del XVI secolo una ulteriore fase di prosperità e arrivando nel 1557 a contare 7.636 abitanti. Nel corso del XVII secolo la città attraversa una fase di profondo declino economico e demografico (gli abitanti censiti nel 1714 sono 1.538), dal quale si riprenderà solo verso la metà del XVIII sec.
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